La notizia del giorno è quella di una mega operazione di trolling ai danni di Trump nata su TikTok. Un boicottaggio del raduno repubblicano a Tulsa, Oklahoma, nato nel social network cinese e di cui oggi molti parlano.
Migliaia di ragazzini, fan del musica K-Pop e di un modo alternativo di vivere dentro lo stesso TikTok (#alttiktok), hanno condiviso informazioni sulla manifestazione del presidente, e hanno chiesto ai propri follower di registrarsi e poi di non andare. Tutto questo non ha sottratto biglietti ai supporter di Trump, ma ha spinto gli organizzatori in errore, annunciando una gran folla che poi non s’è vista.
L’episodio, per onestà, va rubricato alla voce beffe, o trolling politico.
Chi è un troll? Una figura onnipresente dell’interazione nello spazio digitale, nelle chat e nei forum, che comunica in maniera provocatoria, con l’obiettivo di turbare la conversazione e di irritare gli interlocutori.
Ma il trolling dei fan del K-Pop non è l’unico responsabile della scarsa affluenza a Tulsa, più prosaicamente – e per fortuna, aggiungo – anche i repubblicani hanno timore del virus.
Il danno per il presidente in carica è notevole.
In primo luogo un danno d’immagine, vedere lo stadio di Tulsa mezzo vuoto non fa bene: ogni campagna elettorale si nutre anche di entusiasmo. Il contatto con la folla è un elemento centrale sia per il candidato che per la macchina organizzativa e per la stampa. In una nazione vasta, come gli Stati Uniti, un appuntamento in uno Stato diventa immediatamente la notizia d’apertura per tutte le reti locali, per le stazioni radio, i blog e ciò che resta della stampa cartacea. E proprio per concentrarsi sulla dimensione locale i repubblicani hanno assunto 9 responsabili regionali (quindi di più Stati) che dovranno dedicarsi alle manifestazioni. È chiaro che Covid19 ha complicato tutti i programmi.
Ma più di ogni altra cosa, i raduni sono parte essenziale della campagna elettorale digitale. Secondo un’inchiesta dello scorso ottobre del Wall Street Journal l’incontro con i fan serve all’organizzazione per raccogliere più dati possibile. Non è difficile capire che un conto è mandare pubblicità personalizzate a utenti che i social network classificano come supporter repubblicani, senza sapere il livello del loro convincimento, dell’intenzione di partecipare alla competizione elettorale e senza sapere, infine, se la loro fede nel candidato Trump è intatta; un conto è farlo con uno che è uscito di casa, ha preso la macchina, si è registrato ed è entrato in un palazzetto dello sport per ascoltare le parole del proprio leader politico.
Questi ultimi sono figure essenziali per l’organizzazione di una campagna, agganciarli, parlare con loro ma soprattutto ottenere i loro dati, i loro numeri di telefono, risulta essenziale. Per farlo il team del presidente utilizza il geofencing che è un sistema di localizzazione degli smartphone all’interno di un dato perimetro, di un’area specifica, quindi ad esempio di un palazzo dello sport. In poche parole, una volta che un utente raggiunge il luogo di un raduno di Trump riceve sul proprio telefono una notifica, un’invito a condividere informazioni e ovviamente a partecipare alla campagna. E il valore di quella persona per la campagna è maggiore rispetto a qualunque altro tipo di profilazione digitale, un utente che sta per diventare volontario.
La differenza tra un consumatore e un testimonial, per capirci, tra qualcuno che va a votare e qualcuno che fa una donazione.
Non ci sono solo i raduni, anche la presenza di una persona ad una manifestazione di proprietari di armi o la domenica nel luogo di culto di una certa congregazione possono aiutare a identificare i supporter del presidente. Il tracking serve a definire le idee politiche dei cittadini talvolta, più e meglio, di tante preferenze espresse in rete.
Insomma la presenza di uno smartphone all’interno di un determinato spazio fisico risulta essenziale per raccogliere dati sui protagonisti della campagna elettorale. Capite bene che se il numero di persone che partecipano a un raduno diminuisce, causa beffe su TikTok o per paura di Covid19, allora i problemi digitali e analogici per il presidente Trump aumentano.